Rievocazioni storiche, enogastronomiche

sul filo dell'Unità d'Italia

tra Savoia,

Piemonte

& Sicilia

 
 
 
 

"Così i due punti estremi d' Italia venivano ad essere uniti sotto unico scettro…" 

"...Ad un coro di ninfe, che tra l'altro dicevano :

Al biondo Oreto Stretto alla Dora Più lume acquista Quando s'indora;

D'ardor più lieto, Fin quando irrora Non mai fu vista Brillar l'Aurora

sentivasi la Dora rispondere :

Vago fiume, che amaro e doglioso Mormorasti d'un cielo tiranno,

Sorgi allegro, e ti abbraccia con me, Il tuo corso fia dolce;

e brioso In tripudio ti cangia ogni affanno Il mio Rege, che splende tuo Re"...

(Reber 1899)

" il Conte di Buttigliera, il Marchese Giuseppe Gaetano Giacinto Carron di San Tommaso, 

Segretario di Stato di Casa Savoia

per sopravvivenza al padre Carlo Giuseppe Vittorio detto Il Buttigliera -

- Ministro di raro talento - 

accompagnò Sua Maestà Vittorio Amedeo II e la consorte Anna Maria d'Orleans

per l’incoronazione a Palermo nel 1713....." e da allora un lungo e sottile filo unisce

le Alpi al mare, la Savoia & il Piemonte alla Sicilia...


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


"Nella prima metà dell’ 800, il Conte di Briancon Celso Teodoro Carron di San Tommaso

e la sua consorte, la Marchesa Giovanna Gabriella Felicita Sannazzaro di Giarole

  dama d’atour della Principessa Maria Adelaide d’Asburgo - Lorena

consorte del futuro Re d’Italia - Vittorio Emanuele II - fedeli e intimi servitori -

erano soliti ospitare nella loro dimora estiva a  Buttigliera Alta la real famiglia

per piccoli e piacevoli momenti di svago tra battute di caccia e scampagnate all’aria aperta 

lontano dall’etichetta di corte e dai nuovi venti patriottici che scuotevano la penisola,

in compagnia dei figli.

In una lettera datata ottobre 1854, Vittorio Emanuele II, non ancora Re d’Italia,

chiedeva  alla Contessa  Clementina, istitutrice di  talento,

di poter gustare una polenta sans facon e

fare una passeggiata nei suoi charmant bois all'inglese…” 

mentre suo fratello Gerardo stava per mettersi al servizio della Patria...."

Cosi raccontava Madlinin,

mia trisnonna materna, domestica a Villa delle Rose,

residenza estiva della beneficientissima Contessa Clementina,

fino al giorno delle sue nozze con mio trisnonno Michele Battista Trucchiero celebrate nel 1894.

Maddalena Filomena Boero era figlia di tale Boero Giovanni Battista,

giovane buttiglierese d’istanza alla caserma della Guardia di Finanza di Busalla a Genova

che  nel 1866, insieme al sottotenente Carlo Bossi - uno dei Mille rientrato dalla spedizione a Marsala - 

combatterono nella terza guerra d’indipendenza nell'esercito regolare

al fianco di  Garibaldi  - tornato al comando dei Cacciatori delle Alpi 

e di Emanuele Alberto Guerrieri di Mirafiori figlio di re Vittorio Emanuele II primo Re d'italia e della Bela Rosin....

 
 

il filo della memoria ha voluto concretizzare in un prodotto culinario questi storici legami chiedendo a

marco giaccone di pane madre di ricreare

il pane del re

un pane semplice ma sostanzioso che re carlo alberto commissionò ai cuochi di corte proprio per nutrire le milizie sabaude impegnate nella prima guerra d’indipendenza come ci svelano  elma schena e adriano ravera,

nel loro curioso libro: a tavola nel risorgimento, premio bancarella 2012.

farine integrali, noci e acciughe sapientemente amalgamate per dare vita  ad un pane unico, da meditazione,  marchio de.c.o. del comune di buttigliera alta, che io vi invito a  degustare  a tavola in compagnia di un calice di.....buon vino!

perchè come dic eva Alexandre Dumas: il vino "...è la parte intellettuale di un pranzo.." 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Tutto cominciò così.....

c'era una volta, tanti, tanti anni fa,

400 per la precisione,

  una manciata di case sparse " buttigliera, uriola e nicola ",

adagiate tra lo smeraldo di verdi colline

traboccanti di funghi, noci, nocciole, ciliegie e viole

e la cornice di bianchi  monti innevati.

un bel giorno, un tale giovanni carron, un piccolo ma astuto e intraprendente  borghese 

arrivò in paese, con moglie, figlie, cuoche e poche pretese....

 
 
 
 

adelaide di susa, conosciuta anche come adelaide di torino (torino, 1016 – canischio, 19 dicembre 1091),

fu margravia di torino dal 1034 al 1091, duchessa consorte di svevia, dal 1037  al 1038, marchesa consorte del monferrato, dal 1042 al 1045, contessa consorte di moriana, dal 1046 al 1057 ed infine contessa reggente di moriana, dal 1057 al 1091.

il suo matrimonio con oddone di savoia consentì ai savoia di affacciarsi in piemonte e subentrare poi, in parte, agli arduinici in piemonte

nipote di arduino il glabro, aveva visto da vicino guerre e stragi ed aveva anche indossato armi e corazza.

fondò chiostri e monasteri, come ad esempio quello di santa maria assunta ad abbadia alpina, beneficiato nel 1064.

adelaide, che fu stimata dai suoi sudditi e temuta dai suoi avversari, aveva esercitato il potere con notevole abilità.

la sua primogenita berta aveva sposato l'imperatore enrico iv, che, però, tentò di ripudiarla convocando a magonza un concilio,

in cui prevalse l'opposizione del delegato papale san pier damiani.

poco dopo, nel 1077, enrico iv venne in italia portando con sé berta per ottenere dal papa gregorio vii la revoca della scomunica.

egli dovette passare per i domini di adelaide, anche perché gli altri passi alpini erano impediti dai suoi nemici, e riuscì ad ottenere il supporto di adelaide.

nella biografia di g. giovannini si riporta: « adelaide, riabbracciando la figlia berta e vedendola tanto deperita e con evidenti tracce di patimenti,

giurò odio eterno al genero infame. non voleva neppure riconoscerlo come membro della sua famiglia,

non voleva accoglierlo né aiutarlo. eppure finì col riconoscerlo, accoglierlo ed aiutarlo per intercessione della dolcissima berta.»

e per intercessione della figlia, adelaide si decise ad accompagnare enrico iv dal papa a canossa e con lei anche il fratello di berta, amedeo ii di savoia.

«l'imperatore dovette a questa energica donna, alla sua fermezza e al suo prestigio, più che alla stessa contessa matilde di toscana, i patti,

che riuscì a strappare a papa gregorio vii. »

il perdono papale ottenuto al prezzo di una tremenda umiliazione generò un noto modo di dire

(andare a canossa).

adelaide, mentre obbediva ed onorava il pontefice, non s'inimicò l'imperatore perché seppe districarsi tra le due distinte autorità,

l'una spirituale, l'altra temporale

per la sua mediazione tra il papato e l'impero, enrico donò ad adelaide le terre del bugey  

insieme a sua moglie berta, tornò in germania.
l'umiliazione di canossa fu il primo grande atto politico internazionale a cui la casa savoia abbia partecipato.

Adelaide così divenne l'idolo del popolo, che la chiamava

 la marchesa delle alpi cozie

 per la sua saggezza civile fu paragonata a debora, giudice e guida militare del popolo d'israele, ed il dotto san pier damiani le scrisse:

«tu, senza l'aiuto di un re, sostieni il peso del regno, ed a te ricorrono quelli che alle loro decisioni desiderano aggiungere il peso di una sentenza legale.

dio onnipotente benedica te ed i tuoi figlioli d'indole regia"

unica perdita, nel corso della sua assennata gestione, fu quella dell'alta val di susa, di cui si impadronì il conte di albon, marito di sua cognata adelaide di savoia.

da wikipedia

 
 
 

              La storia dei Savoia,

la dinastia più longeva di tutte le casate europee

Pubblicato il 5 Marzo 2020   in Rubriche  da Redazione web Rubrica a cura di Somewhere Tour & Events

ma quale fu il segreto che permise ai savoia di trasformarsi da semplici “conti” nei futuri re d’italia?

forse più di uno, ma sicuramente furono in grado di creare un utile stato cuscinetto a ridosso dei valichi alpini,

che divideva le grandi potenze europee dell’epoca.

 gli storici rilevano spesso l’indole guerrafondaia della dinastia sabauda, che non per nulla potrà vantare nel 1700 una delle migliori accademie militari d’europa.

tuttavia, l’esercito sabaudo era l’esercito di uno stato povero e non poteva certo competere, sul piano militare, con le corone di francia, di spagna o d’austria.

sarà nell’abile politica delle alleanze che il ruolo del piccolo e povero stato sabaudo sarà cruciale,

arrivando addirittura a capovolgere gli esiti delle grandi guerre

che attraversavano l’europa tra il ‘600 e il ‘700. e, il miglior modo di fare le alleanze, allora come oggi, è quello dei matrimoni.

i savoia avevano la capacità di imparentare la loro numerosa prole attraverso matrimoni strategici con gli eredi di tutte le più importanti casate dell’epoca.

e non per nulla, le madame dei savoia saranno in grado di condurre una propria politica e di governare anche a lungo come reggenti,

contribuendo a stabilizzare gli instabili equilibri dell’epoca.

la storia dei savoia comincia con la contessa adelaide

questa lunga storia, non a caso, incomincia da un matrimonio con una donna straordinaria:

la contessa adelaide. siamo alla fine del x secolo e, prima di questo matrimonio,

i conti di savoia non si erano affacciati al di qua delle alpi.

 adelaide si sposa con oddone, figlio del conte umberto di biancamano,

a sua volta figlio di un mitico beroldo della casa sassone,

capostipite della casata cui sarà assegnata una contea che faceva perno sull’attuale savoia.

 la marca della contessa adelaide, invece, tagliava trasversalmente il piemonte da ivrea fino ad albenga, sul mare,

tenendo dentro anche i valichi alpini e quindi l’accesso alla val di susa.

così i savoia iniziano ad interessarsi ai territori subalpini.

ma sarà una strada lunga:

adelaide, che morirà centenaria nel 1091, dopo essere sopravvissuta a 3 mariti e 3 figli,

lascerà lo stato in un vuoto politico che durerà a lungo.

  i conti di savoia, insieme ai principi d’acaja, ramo collaterale della famiglia, li ritroviamo già verso la fine del ‘200 e poi con l’epoca degli amedei tra il ‘300 e il ‘400.

tra tutti, ci piace ricordare amedeo vi, il conte verde, che fu personaggio davvero cruciale.

oggi vi aspetta proprio davanti al municipio, nel monumento commissionato da carlo alberto a pelagio palagi nel 1830, forse posto lì per ricordare che fu il primo signore di torino non solo a riconoscere le leggi comunali, ma a riordinarle tutte in un codice coerente che verrà incatenato a una delle colonne dell’ingresso del palazzo di città. 

da conti a duchi, con amedeo viii duca di savoia il passaggio da conti a duchi i savoia lo fecero con un personaggio davvero originale:

 amedeo viii, che nel xv secolo si autonominò duca ed anche papa!

ma è solo con il duca emanuele filiberto, che deciderà di spostare da chambery a torino la capitale del ducato sabaudo,

che si apre la stagione moderna della dinastia.

siamo negli anni ‘60 del ‘500, gli anni in cui nasce per volere del duca la cittadella di torino,

fortezza militare all’avanguardia per l’epoca e che segna il passaggio verso torino capitale.

e proprio con emanuele filiberto prima e poi con suo figlio carlo emanuele i,

i successori e le madame reali cristina di francia e giovanna battista di savoia nemours 

che torino incomincia ad assumere l’aspetto che ancora oggi ammiriamo in tante vie del centro storico.

oltre alla politica dei matrimoni è il momento della politica d’immagine:

il territorio diventa rappresentazione del potere e, per stare alla pari con le grandi case europee dell’epoca,

torino si dota di una nuova urbanistica e di una corona di palazzi (la corona di delizie)

utile a far apparire molto più ricco e potente di quanto non fosse, lo stato dei savoia.

con carlo emanuele i nascerà anche quel gusto per il collezionismo che porterà alla raccolta di oggetti d’arte e archeologici,

di codici miniati e di armi che sono all’origine del grande polo museale torinese di oggi.

questo patrimonio fa parte integrante della politica d’immagine,

rappresentata plasticamente e pittoricamente nei fregi e nelle decorazioni delle varie anticamere della sala del trono a palazzo reale,

vere e proprie immagini utili a impressionare diplomatici e ambasciatori degli stati limitrofi.

torino metropoli europea grazie ad architetti e urbanisti scelti dai savoia tra il ‘600 e il ‘700

 torino diventa una metropoli europea:

cambia volto anche grazie alla capacità dei savoia di individuare architetti e urbanisti del livello di guarini e di juvarra.

è la torino della madame reali e soprattutto di vittorio amedeo ii,

personaggio chiave, che si inserisce nella guerra di successione al trono di spagna – scoppiata nel 1701,

cambiando segretamente alleanza e passando da quella francospagnola (a cui era cooptato) a quella austriaca,

grazie alla parentela col principe eugenio di savoia soissons della casa d’austria.

sono gli anni dell’assedio e della battaglia di torino (1706) in cui le truppe austropiemontesi batteranno il nemico franco-spagnolo.

in cambio dell’alleanza con l’austria, a utrecht nel 1713, i savoia acquisiranno così la corona di re di sicilia.

il xviii secolo si chiude con la rivoluzione francese e per i savoia è l’ora dell’esilio.

torneranno nel 1815 tentando la difficile e antistorica operazione della restaurazione.

ma i tempi sono cambiati:

a vittorio emanuele i succederà carlo felice che non avendo eredi passerà il potere al ramo dei savoia carignano,

nella persona di carlo alberto.

il sovrano dovrà gestire il difficile momento di transizione tra l’ancièn régime, ormai sulla via del tramonto, e le richieste popolari.

è lui a concedere lo statuto e ad aderire al progetto delle guerre di indipendenza anche se, tra mille ripensamenti, sarà lui a riplasmare ancora una volta la città,

lo stesso palazzo reale e ad aprire al pubblico le collezioni riservate un tempo a studiosi o personaggi illustri.

suo figlio vittorio emanuele ii al termine del complicato periodo delle guerre d’indipendenza si ritroverà così ad essere re d’italia.

non saranno anni facili, quelli della monarchia parlamentare, su cui ancora tanti capitoli rimangono aperti,

ma certo il xx secolo segnerà la fine del millenario regno dei savoia.

dopo le vicende del fascismo e della ii guerra mondiale, i savoia verranno esiliati e nascerà la repubblica italiana.  

il torinese.it

 
 
 


le guerre d'italia del xvi secolo (spesso indicate anche come grandi guerre d'italia) furono una serie di conflitti, combattuti prevalentemente sul suolo italiano nella prima metà del secolo (per la precisione durarono dal 1494 al 1559), aventi come obiettivo finale la supremazia in europa. furono inizialmente scatenate da alcuni sovrani francesi, che inviarono nella penisola italiana le loro truppe, per far valere i loro diritti ereditari sul regno di napoli e poi sul ducato di milano. da locali le guerre divennero in breve tempo di scala europea, coinvolgendo, oltre alla francia anche la maggior parte degli stati italiani, il sacro romano impero, la spagna, l'inghilterra e l'impero ottomano. nel 1492, con la morte di lorenzo de' medici, era crollata la lega italica che aveva assicurato la pace nella penisola per 40 anni. nel 1494, carlo viii di francia calò in italia andando ad occupare il regno di napoli sulla base di una rivendicazione dinastica. tuttavia, venne costretto ad abbandonare i territori occupati dopo la formazione di una lega anti-francese (cui aderirono venezia, milano, il papa, la spagna, l'inghilterra, massimiliano d'asburgo). l'esercito messo in campo dalla lega non riuscì, nella battaglia di fornovo, a sbarrare il passo alle forze di carlo viii nella loro risalita verso il piemonte e la francia. carlo dunque lasciò l'italia senza mantenere le conquiste territoriali, ma ciò fu solo l'inizio di una serie di guerre:

l'europa intera sapeva che

l'italia era una terra incredibilmente ricca

e allo stesso tempo divisa in molteplici stati,

difesi da abili condottieri e mercenari che erano disposti a combattere per il miglior offerente.

nel tentativo di evitare gli errori del suo predecessore, luigi xii di francia annetté il ducato di milano e firmò un accordo con ferdinando d'aragona (già governatore di sicilia e di sardegna) per condividere il regno di napoli. tuttavia, ferdinando abbandonò luigi xii e espulse le truppe francesi dal mezzogiorno in seguito alle battaglie di cerignola e garigliano. dopo una serie di alleanze e tradimenti, il papato decise di schierarsi contro il controllo francese su milano e sostenne carlo v, imperatore del sacro romano impero ed erede dei territori dell'aragona in italia. dopo le battaglie di bicocca e pavia, la francia guidata dal re francesco i perse il controllo di milano a favore degli asburgo. tuttavia, le truppe protestanti tedesche ammutinatesi a carlo v saccheggiarono roma nel 1527: questo evento rappresentò un punto di svolta nello sviluppo delle guerre europee di religione e indusse carlo v a concentrarsi sull'affermarsi del protestantesimo nel sacro romano impero. il successore di francesco i, 

enrico ii di francia, approfittò della situazione e cercò di stabilire la supremazia in italia invadendo la corsica e la toscana.

tuttavia, la sua conquista della corsica fu rovesciata dall'ammiraglio genovese andrea doria e le sue truppe in toscana furono sconfitte nella battaglia di scannagallo dai fiorentini e dall'esercito imperiale. con l'abdicazione di carlo v, filippo ii di spagna ereditò milano e il mezzogiorno mentre ferdinando i d'asburgo divenne imperatore.

l'ultimo significativo scontro, la battaglia di san quintino (1557), fu vinto da emanuele filiberto di savoia per le forze spagnole e imperiali:

ciò portò alla restaurazione in piemonte, occupato dalla francia precedentemente, di casa savoia.

nel 1559 fu stipulata la pace di cateau-cambrésis.

 

   LA pace di cateau-cambrésis (2-3 aprile 1559),  definì gli accordi che posero fine alle guerre d'italia tra la francia e gli asburgo di spagna e austria.

essa diede inizio al primato asburgico in europa, destinato a durare fino alla pace di vestfalia del 1648, e nella penisola italiana.

la francia rinunciò infatti, in cambio dell'acquisizione di calais e dei tre vescovati,

alle proprie pretese sui domini italiani degli asburgo di spagna (napoli, sicilia, sardegna, milano) e sui feudi imperiali in italia,

dipendenti formalmente dagli asburgo d'austria.

 
 

 il trattato di cateau-cambrésis tra spagna e francia venne firmato il 3 aprile 1559

nei termini  re enrico ii impose il matrimonio di margherita con 

emanuele filiberto, duca di savoia e principe di piemonte.

...il duca arrivò in francia con centocinquanta signori vestiti di doppietti di raso rosso, scarpe cremisi e mantelli di velluto nero ricamati con pizzo e oro.

... margherita mantenne il suo ducato di berry, i ricavi che da esso ne derivavano, e una una dote di trecento scudi

 mentre il duca emanuele ricevette una rendita di trentamila scudi all’anno e i territori di bresse, bugey e valromey.

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come tutte le principesse francesi diventate duchesse di savoia, anche margherita di valois era colta, raffinata e, soprattutto, energica. figlia di francesco i e di claudia di francia, orfana di madre sin dall'infanzia, crebbe in una corte elegante, con molti stimoli culturali, che la interessarono più di lussi e frivolezze. il suo destino incrociò quello di emanuele filiberto nel 1559, quando lei era ormai 35enne e lui era 30enne. lei era considerata ormai una zitella, lui era il più brillante condottiero della sua generazione. lei aveva raccolto intorno a sé letterati e poeti, in una corte di raffinata eleganza, lui aveva battuto l'esercito francese a san quintino, nel nome di felipe ii di spagna. lei era figlia e sorella di re, lui era il duca solo nominale di un ducato al confine tra due culture. nel 1559, il trattato di cateau cambresis stabilì che a emanuele filiberto sarebbe stata restituita buona parte dei suoi possedimenti. il duca, però, doveva sposare margherita, la sorella di enrico ii. la leggenda vuole che i due fossero già legati da una tenera simpatia a causa di un incendio scoppiato al louvre, da cui lui, ospite del re di francia, fu prontamente salvato da lei. leggenda a parte, il matrimonio fu soprattutto una necessità politica e come tale fu considerato, soprattutto dallo sposo: la francia avrebbe restituito torino, chivasso e pinerolo, con relative appartenenze e fortezze, solo in un periodo di tempo compreso tra i sei mesi e i tre anni dalla celebrazione del matrimonio. siano vere o no le leggende, emanuele filiberto non ebbe poi alleato più leale della moglie, nella ricostruzione del ducato sfiancato dalla guerra. emanuele filiberto arrivò a parigi il 21 giugno 1559 da bruxelles. i capitolati matrimoniali furono firmati il 28 giugno, pochi giorni dopo le altre nozze volute dal trattato di cateau cambresis, quelle tra la 13enne principessa francese elisabetta e il re spagnolo felipe ii. parigi era in festa, si celebravano balli e tornei e fu proprio durante uno di questi tornei che enrico ii fu mortalmente ferito a un occhio. nella sua agonia, il re francese volle però che il matrimonio della sorella venisse celebrato, così emanuele filiberto e margherita si sposarono nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1559. poco dopo il matrimonio, la coppia si separò. restituito il governatorato delle fiandre agli asburgo, emanuele filiberto raggiunse i suoi possedimenti, per rendersi conto della situazione e per preparare l'accoglienza per la moglie. margherita rimase a parigi per ultimare il corredo e per chiudere le pendenze che aveva in francia. quando, a gennaio 1560, lasciò finalmente la capitale, fu rimpianta dai letterati di cui si era circondata, e dalle dame di corte, a cominciare dalla cognata reggente, la potente e terribile caterina de' medici. a nizza, margherita si riunì con il marito e insieme, scortati dalle galee margarita, sole e piemontese, raggiunsero savona via mare. in piemonte i duchi ricevettero accoglienze trionfali in ogni cittadina attraversata ed emanuele filiberto gettava le basi del suo nuovo stato.

DA ROTTA SU TORINO - WWW.LAURACARDIA.IT

 

da margherita di francia, duchessa di berry, emanuele filiberto ebbe un solo figlio:

carlo emanuele (1562 - 1630),

futuro duca di savoia dal 1580 con il nome di carlo emanuele i

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Il 15 giugno 1561 venne a Rivoli la duchessa Margarita moglie di Emanuele Filiberto, e la sua venuta fuvvi pure solennemente festeggiata.

Appena che fu certa la gravidanza di quella duchessa , ella recossi nel castello di Rivoli , ove alli 12 gennajo 1562 diede alla luce un erede al trono, cioè¨ il duca Carlo Emanuele.

Alla domane Gian Giorgio Vinea ed Antonio Bonadona sindaci di Rivoli, coi principali bo ghesi andarono al castello per complire Emanuele Filiberto : « introdotti subito dal Duca, dice il cronista, questi uno » per uno li abbracciò con mirabile cordialità  e clemenza, « e poi loro fece mostrare il parto glorioso, dicendo : questo sarà  vostro principe e patriota  duca di Savoja Emanuele Filiberto soddisfatto delle sincere dimostrazioni di amore che gli diede in tal occasione il comune di Rivoli, gli diminuì notabilmente il tasso del sale, e gli altri pesi ducali e militari, e gli concedette alcuni altri privilegi... .....

Nel 1562 compilavansi dai due sindaci, a ciò delegati dal comunale consiglio, gli stabilimenti, e capitoli sopra la gabella del vino imposta per la comunità  di Rivoli, valendosi così  del diritto loro conceduto in quest'anno dal duca Emanuele Filiberto di stabilire un dazio sul vino.... da Historia rivoli

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emanuele filiberto ebbe però vari figli illegittimi:

da lucrezia proba: amedeo, marchese di saint-rambert, sposò ersilia asinari di san marzano.

da beatrice langosco, marchesa di pianezza, unica figlia nata dal matrimonio di giovanni tommaso, conte di stroppiana,

delia roero di sanseverino: ottone, morto bambino;

beatrice († 1580); matilde († 1639), legittimata il 10 febbraio 1577;

marchesa di pianezza, andata sposa a carlo de simiane, signore di albigny.

da laura cravola:maria di savoia, andata sposa nel 1570 a filippo i d'este, signore di san martino, campogalliano, castellarano.

signore del vicariato di belgioioso, conte di corteolona. marchese di borgomanero e porlezza (1537 - 1592);

da francesca di savoia, andata sposa nel 1570 a gabriel vial.

     da altre: filippo detto filippino († 1599);fu cavaliere di malta e balì di armenia dell'ordine (titolo quest'ultimo puramente onorifico);

non ottenne invece, malgrado l'interessamento del fratello duca carlo emanuele, il priorato di lombardia.

combatté in ungheria contro i turchi e contro i francesi in savoia, ove morí in seguito a un duello con il duca di créqui.

margherita, andata monaca.

Margherita di Valois amante della cultura umanistica, soprattutto italiana,

costituì  un circolo intellettuale e compose una raccolta di novelle.

morì il 14 settembre 1574.

ricordata come una persona molto colta e caritatevole

 riposa nell'abside della chiesa dell'abbazia della sacra di san michele, sant'ambrogio di torino.

 

il 7 febbraio, 1563 il duca emanuele filiberto di savoia (1553-80) trasferì la capitale sabauda da chambéry a torino:

i duchi entrarono trionfalmente a torino, la loro nuova capitale, il 7 febbraio 1563. si recarono prima in duomo e quindi nell'adiacente palazzo vescovile,

che pochi anni dopo emanuele filiberto avrebbe trasformato in palazzo ducale,

dando il via alle grandi trasformazioni della città romana

in capitale del ducato sabaudo.

con la conquista della capitale, la rifondazione dello stato poteva cominciare....

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la storia della compagnia di san paolo affonda le sue radici nella torino cinquecentesca.

il piemonte, teatro di battaglie durante le lunghe guerre tra francia e spagna, si trovava in uno stato di grande degrado economico. 

emanuele filiberto di savoia, rientrato in possesso del ducato sabaudo nel 1559, in base alla pace di cateau-cambrésis, avviava una profonda riorganizzazione politica, militare e culturale.

in quegli anni, precisamente il 25 gennaio 1563, sette cittadini torinesi fondarono la confraternita della catholica fede in turino sotto l'invocazione di san paolo.

la confraternita si proponeva il duplice scopo di soccorrere la popolazione gravata dalla miseria, dopo anni di dominazione straniera, nonché di arginare l'espansione della riforma protestante.

l'aiuto ai poveri, in particolare ai "vergognosi", ovvero nobili o borghesi decaduti e si esplicava attraverso una discreta ma capillare assistenza domiciliare.

nel 1579 la confraternita fondò il monte di pietà cittadino, per sottrarre al flagello dell'usura i ceti più deboli, attraverso la corresponsione di piccoli prestiti su pegno.

un decennio più tardi la confraternita si dedicò anche all'assistenza femminile con l'erogazione di doti mediante l'istituzione della casa del soccorso e,

nel 1683, della casa del deposito, che fornì accoglienza a donne vittime di sfruttamento e violenza.

l'ufficio pio, costituito nel 1595, gestiva invece l'attività assistenziale e religiosa della compagnia.

i paolini collaborarono alla costruzione della chiesa dei ss. martiri, all'istituzione del collegio dei nobili convittori,

che si occupava dell'educazione dei giovani di famiglia agiata ed è oggi sede della scuola primaria convitto umberto i e dell'albergo di virtù,

ente finalizzato alla preparazione professionale dei mendicanti nei settori manifatturiero e meccanico.

la confraternita promosse in seguito, verso la metà del seicento, l'apertura dell'ospedale di carità

e nel secolo successivo assicurò anche sostegno finanziario all'ospedale dei pazzi.

 
 

carlo emanuele I di savoia

detto il grande e soprannominato dai sudditi  "testa di fuoco" per le manifeste attitudini militari

nasce nel castello di rivoli il 12 gennaio 1562 

e diviene duca di savoia il 30 agosto 1580, alla morte del padre emanuele filiberto.

era di gracile costituzione, con le spalle leggermente arcuate, i lineamenti delicati, l'incarnato pallido.

fin da bambino, tuttavia, il padre lo aveva abituato ad ogni sorta di esercizio fisico e di sport, rendendolo un abile cavaliere e un invincibile spadaccino.

nel 1585 sposa l'infanta Caterina Micaela d'Asburgo,

figlia di filippo ii ed elisabetta di valois;

la ragazza era di piccola statura, esangue, malaticcia, con il volto butterato dal vaiolo.

Carlo Emanuele ambizioso e sicuro di sé,

grazie all'ottimo stato del ducato trasmessogli dal padre, cerca di espandere territorialmente il proprio potere.

 

Catarina Micaela d'Asburgo

seconda figlia di re filippo ii di spagna e della sua terza moglie elisabetta di valois, rimase orfana di madre ad appena un anno: 

elisabetta morì nel 1568 a seguito di complicazioni seguite a un aborto.

caterina e la sua sorella maggiore, isabella clara eugenia  vennero affidate alle cure della balia maria de messa.

era stata chiamata caterina in onore della nonna materna, la regina di francia caterina de' medici.

l'erede al trono di spagna, don carlos, era morto anch'egli in quello stesso anno:

per assicurarsi finalmente una discendenza maschile, filippo sposò in quarte nozze la nipote anna d'austria,

figlia dell'imperatore massimiliano ii e della sorella di filippo, maria di spagna.

anna d'austria si dimostrò affettuosa verso le due figliastre, che erano anche sue prime cugine,

e nel 1578 diede al marito il tanto sospirato erede, il futuro filippo iii di spagna, assicurando la successione al trono.

la nascita del figlio maschio non turbò comunque lo stretto legame tra filippo ii e le sue due figlie dal matrimonio con l'amata elisabetta di valois, la favorita fra le sue consorti:

il re, descritto come un uomo freddo e duro, in realtà era un padre affettuoso, come dimostrano le lettere che scriveva loro quando si trovava in viaggio.

caterina micaela  venne descritta come bella, intelligente, arrogante e ben consapevole del suo alto status sociale.

Catarina Micaela sposò il 18 marzo 1585 a Saragoza Carlo Emanuele I di Savoia.

carlo emanuele i suggerì questa unione come un modo per ottenere il sostegno spagnolo per i suoi piani di espansione della savoia sulla costa dell'allora indebolita francia.

lasciò la residenza reale dell'escorial; non avrebbe mai più rivisto il padre, ma mantenne sempre i contatti con lui via lettera.

la coppia fece il suo ingresso a torino il 10 agosto 1585.

caterina michela e carlo emanuele ebbero dieci figli:

filippo emanuele (8 aprile 1586 - 9 febbraio 1605);

vittorio amedeo (8 maggio 1587 - 7 ottobre 1637), duca di savoia;

emanuele filiberto (16 aprile 1588 - 4 agosto 1624) viceré di sicilia;

margherita (28 aprile 1589 - 26 giugno 1655);

isabella (11 marzo 1591 - 22 agosto 1626); maurizio (10 gennaio 1593 - 4 ottobre 1657), cardinale;

maria apollonia (8 febbraio 1594 - 13 luglio 1656);

francesca caterina (6 ottobre 1595 - 20 ottobre 1640);

tommaso francesco (21 dicembre 1596 - 22 gennaio 1656),

capostipite del ramo cadetto principe di carignano;

giovanna (6 ottobre 1597).

caterina michela era inizialmente impopolare a causa della sua arroganza e dei tentativi di introdurre la pompa, la cerimonia e il modo di vestire spagnolo alla corte di torino.

tuttavia, si guadagnò presto il rispetto per la sua abilità politica e diplomatica, che usava per difendere l'autonomia della savoia contro la spagna.

rifiutò l'offerta di installare una guarnigione spagnola a torino da milano.

si dice che abbia avuto una grande influenza sul marito.

fu reggente diverse volte durante l'assenza del duca in campagne militari, come durante la campagna di lione nel 1594.

 caterina micaela favorì la vita culturale in savoia, fondando  molti nuovi edifici, tra cui una galleria d'arte

invitandovi  diversi artisti come torquato tasso, chiabrera, marini, tassoni e botero.

 gli attuali capi di casa savoia così come molti altri reali

e principi d'europa discendono da lei. 

da wikipedia

 

Dopo la morte di caterina michela d'asburgo, avvenuta il 6 novembre 1597, carlo emanuele i di savoia

si risposa, trentadue anni dopo aver avuto una relazione  in segreto con la marchesa di riva di chieri margherita di rousillon,

figlia di gabriele di rousillon "signore di châtelard" e di laura di saluzzo dei "signori di monterosso".

da questa unione nasce  don antonio di savoia, commendatario di quattro abbazie, inclusa la sacra di san michele.

nell'autunno 1588, approfittando delle guerre civili che dilaniano la francia di suo cugino di primo grado enrico iii,

occupa militarmente il marchesato di saluzzo, che sta sotto la protezione della francia.

il nuovo re di francia (già re di navarra fino al 1589), enrico iv, gli intima la restituzione del territorio alla corona francese ma carlo emanuele si rifiuta:

è guerra contro i francesi.

gran parte dei combattimenti si svolge in alta val susa ed in val chisone:

con i i francesi  comandati dal lesdiguières, detto "la volpe del delfinato".

la guerra si sviluppa con alterne vicende finché si conclude con la pace di vervins (2 maggio 1598), che rimanda ad un successivo accordo la vertenza sul marchesato.

carlo emanuele riprende i contatti con la spagna, enrico iv allora si infuria e minaccia la ripresa delle ostilità.

interviene anche papa clemente viii quale arbitro, ma  nel luglio del 1600,

scoppia ugualmente la guerra franco-savoiarda,

che si chiude, grazie anche alla mediazione pontificia ad opera del cardinale pietro aldobrandini,

con il trattato di lione (17 gennaio 1601).

la conquista territoriale viene riconosciuta da enrico iv a carlo emanuele i,

in cambio della bresse e altre cessioni territoriali oltre le alpi.

il baratto ribadisce la vocazione italiana dei savoia e lega i destini della casata,

di ceppo pur sempre borgognone, a quelli della penisola.

carlo emanuele annotò nei suoi ricordi:

«è molto meglio avere uno stato solo, tutto unito,

come è questo di qua dei monti,

che due e tutti e due malsicuri»

Riprendono intanto  le persecuzioni dei protestanti nel ducato.

allarmato da un possibile riavvicinamento tra francia e spagna, carlo emanuele si riavvicina ai francesi.

 ma anche la spagna tenta di riportare nella sua orbita il ducato.

dopo lunghe trattative fra carlo emanuele e gli emissari di enrico iv,

si giunge al trattato di bruzolo (25 aprile 1610).

il trattato stipulato presso il castello di bruzolo in val di susa,

a metà strada tra torino e l'antico confine tra delfinato e piemonte,

prevede un'alleanza stretta fra il ducato e la francia in chiave antispagnola:

una vittoria in un'eventuale guerra contro la spagna

avrebbe portato ai savoia il ducato di milano;

era previsto nel caso anche il matrimonio dell'erede di carlo emanuele,

vittorio amedeo, con elisabetta, figlia di enrico iv.

ma l'assassinio di quest'ultimo (14 maggio 1610) rimise tutto in discussione.

 maria de' medici, vedova di enrico iv e reggente in nome del delfino (il futuro luigi xiii) non ancora adulto, rifiutò di riconoscere il trattato di bruzolo

e carlo emanuele si trovò isolato e alla mercé della spagna.

a questo punto il re di spagna pretese da carlo emanuele pubbliche scuse, nel corso di un'umiliante cerimonia:

il figlio del duca di savoia, emanuele filiberto dovette recarsi a madrid dove,

il 10 novembre 1610 s'inginocchiò di fronte al re filippo iii 

e lesse la richiesta di perdono.

la morte improvvisa del genero di carlo emanuele, francesco iv gonzaga, alla fine del 1612 scompigliò nuovamente la situazione:

francesco aveva avuto da margherita di savoia una figlia, maria, ed un figlio maschio, ludovico, morto però poco prima del padre.

a francesco i subentrò il fratello ferdinando gonzaga, che rinunciò alla porpora cardinalizia per il ducato.

carlo emanuele non accettò, sostenendo di voler difendere i diritti della nipote maria e l'applicazione degli accordi matrimoniali della figlia,

stipulati al tempo del matrimonio, con vincenzo gonzaga, padre di francesco e di ferdinando gonzaga,

ed entrò in armi occupando nell'aprile 1613 trino, moncalvo ed alba  

provocando l'insorgere delle altre potenze con  vari rovesciamenti di fronte

(luigi xiii manda nel 1617 persino un esercito, al comando del lesdiguières, in soccorso del ducato per la riconquista, riuscita, di alba, occupata dagli spagnoli).

nonostante la pace di pavia del 1617, che prevedeva che il monferrato rimanesse nelle mani dei duchi di mantova,

mentre a carlo emanuele  sarebbero state restituite le località perse durante la guerra.

i combattimenti si trascinarono  fino al 1618 con un nulla di fatto .

la questione della successione nel ducato di mantova rimise in discussione

i rapporti fra spagna e francia e la guerra riprese.

  luigi xiii  giunto al potere  riprese la politica del padre.

la sorella, maria cristina di francia, doveva andare in  sposa al futuro

duca di savoia vittorio amedeo (1619).

L' intraprendente Giovanni Carron 

ne negoziò così le nozze a Parigi,

guadagnadosi  per la sua fedeltà alla corona,

il feudo di Buttigliera - Uriola

"qui se trouve sur la voie ou sont le bien de Ma femme..."

 

Jean Carron nasce a Chambéry intorno al 1570 da famiglia borghese.

il padre claudio era "cittadino" di chambéry, oriundo del bugey, "di assai modeste condizioni".

trasferitosi in piemonte nel 1590 iniziò una fortunata carriera al servizio dei duchi di savoia, che lo portò a raggiungere i più alti gradi nell'amministrazione dello stato e a gettare le basi della fortuna della sua famiglia.

il suo caso può effettivamente costituire la miglior esemplificazione delle grandi possibilità che il servizio del principe offriva in tale periodo ai membri più intraprendenti della borghesia degli uffici, a somiglianza del più noto modello dei cursus honorum borghesi della vicina francia. il c. infatti, dopo aver servito alcuni anni come aiutante particolare nella gran cancelleria, il 20 ag. 1595 ne venne nominato segretario, insieme con filiberto roncas in un primo tempo, in seguito da solo.

il 1º ott. 1603 ottenne la nomina a segretario di carlo emanuele i

e il 22 sett. 1610 il duca lo nominò consigliere e segretario di stato e finanze.

il 27 ott. 1614 acquistò per 900 scudi la carica di

mastro auditore camerale nella camera dei conti di savoia,

ufficio che tuttavia esercitò raramente.

a partire da tale anno  venne impiegato in quella

che era l'attività principale dei segretari e dei consiglieri di carlo emanuele i,

vale a dire l'attività diplomatica.

di conseguenza, come risulta dalle istruttioni di s.a.r. al segretario carron … del 18 nov. 1615,  venne inviato una prima volta in svizzera a neuchâtel, per recare le congratulazioni e il saluto del duca di savoia alla duchessa di longueville ivi giunta e soprattutto per invitarla "a preferire s.a. nel caso volesse vendere il contado di neuchâtel". inoltre  doveva informarsi con discrezione dell'eventuale prezzo richiesto e in particolare del numero "dei luoghi, terre e castella" del contado, del numero degli abitanti residenti e dei redditi di cui la duchessa godeva. poco meno di due anni dopo, nel dicembre 1617, lo ritroviamo inviato a milano in una missione di particolare importanza: insieme con il presidente del senato del piemonte giovan francesco piscina era incaricato di seguire le trattative fra l'ambasciatore di francia béthune e il governatore di milano don pedro de toledo per la restituzione della piazza di vercelli occupata dagli spagnoli durante la guerra contro il duca di savoia. in seguito al trattato di madrid e agli accordi di pavia del 1617 era stato convenuto che fossero restituite tutte le piazze occupate dai rispettivi eserciti, vale a dire di vercelli al duca di savoia e delle piazzeforti del monferrato ancora occupate da carlo emanuele i al duca di mantova. era stato deciso inoltre l'effettivo disarmo delle truppe sabaude catturate dagli spagnoli a vercelli e la loro riconsegna agli inviati del duca di savoia a milano. quest'ultima parte delle trattative era competenza particolare del Carron: costretto a trattenersi per tutto l'inverno a milano, lamentava nelle sue lettere le lungaggini e i pretesti voluti in particolare da don pedro de toledo, assai restio a restituire la forte piazza di vercelli. infine nell'aprile del 1618 venne raggiunto l'accordo generale per la restituzione reciproca delle piazze e delle milizie prigioniere dei rispettivi eserciti. rientrato di conseguenza a torino,  dopo poco venne nuovamente inviato all'estero.

al seguito del cardinale maurizio di savoia, insieme con il conte filiberto scaglia di verrua, con il vescovo di annecy, s. francesco di sales e con il presidente del senato di savoia antonio favre,

nell'ottobre 1618 si recò a parigi

per condurre a termine le trattative già avviate

per il matrimonio del principe di piemonte,

vittorio amedeo con la figlia di luigi xiii, cristina.

tale missione, conclusa felicemente con il matrimonio celebrato il 10 febbr. 1619 a parigi,

gli procurò  ormai noto e introdotto a corte,

un ulteriore riconoscimento dei servizi prestati:

già signore di saint-thomas-de coeur in savoia dal 16 dic. 1617

e segretario dell'ordine della ss. annunziata,

ottenne, con patente del 25 aprile 1619,

il feudo di buttigliera, sempre con il titolo di signore.

Nel gennaio 1623 fu nuovamente inviato in svizzera, a sion nel vallese, per cercare di impedirne l'alleanza con gli spagnoli e in particolare con il governatore di milano duca di fería.

la sua permanenza a sion si protrasse per vari mesi, spesi in lunghe trattative con il vescovo della città (che ancora manteneva la potestà temporale dei luoghi),

volte a impedire o almeno rimandare l'invio di delegati a milano. e a questo scopo ricordava al suo interlocutore l'azione repressiva degli spagnoli "nella valtellina et contro i grisoni".

richiamato a torino  venne nominato primo segretario di stato insieme con tommaso pasero con patenti del 16 giugno 1625.

alla morte del primo segretario crotti l'ufficio venne infatti diviso da carlo emanuele i, e tale divisione testimonia l'ancora scarsa importanza attribuita all'ufficio stesso.

questa nomina peraltro segnò un profondo cambiamento nella carriera politica del carron. evitando infatti di impegnarsi nuovamente in missioni all'estero,

   Il carron venne confermato nel suo ufficio di primo segretario da vittorio amedeo i con patenti 25 febbr. 1633

e in seguito anche dalla reggente cristina di francia.

quest'ultima inoltre, il 20 ott. 1637 concesse al carron  che il figlio primogenito guglielmo francesco,

marchese di san tommaso, già consigliere di stato e inviato sabaudo presso la corte di parigi dal 1633 al 1636,

acquistasse la "coadiutoria e la sopravvivenza" dell'ufficio paterno.

sicché nelle stesse lettere patenti del 20 ott. 1637

guglielmo francesco viene nominato anch'egli primo segretario di stato "in una sola piazza col padre",

con la facoltà di succedergli "tanto per via di rinuntia, vacatione, caso di morte…

che in qualsivolia modo…".

con questo mezzo il carron  riuscì ad assicurare alla famiglia il possesso di tale ufficio,

sempre più importante nel corso del secolo, per ben quattro generazioni, dal 1625 al 1717, quando vittorio amedeo ii, rompendo la tradizione, istituì due diverse segreterie, una per gli esteri e una per gli interni. proprio come in francia la famiglia dei phélypeaux occupò la medesima carica di primo segretario di stato, di padre in figlio, senza interruzioni da enrico iv a luigi xvi. ottenuta la nomina del figlio al suo stesso ufficio, il c. cominciò gradualmente a ritirarsi dai suoi vari incarichi, affidandoli in prevalenza, come già quello di segretario dell'ordine della ss. annunziata, al figlio primogenito, per dedicarsi alla sua numerosa famiglia.

egli infatti si era sposato tre volte:

il 25 apr. 1591 con caterina camilla du marché,

una seconda volta il 22 giugno 1607 con antonia francesca dumanié

e infine, contro il parere del figlio maggiore, una terza volta con la vedova maria tonda, il 1º marzo 1631.

da tali matrimoni il c. ebbe dieci figli che raggiunsero la maggiore età:
il già ricordato guglielmo francesco, marchese di san tommaso e primo segretario di stato;
sigismondo, monaco carmelitano;
francesco tommaso, monaco agostiniano;
vittorio amedeo, consigliere di stato dal 1653 e senatore nel senato di piemonte dal 1654;
maria che sposò il marchese di mulazzano emanuele filiberto negrone di negro;
caterina, moglie del barone di fenils claudio challant;
e inoltre felice dionisio avuto da maria tonda, anna, maria e maurizio.
il c. li ricorda tutti nel testamento che inviò negli archivi del senato il 14 nov. 1648, dove ancora è conservato.

Jean Carron morì a torino il 16 gennaio 1649;

secondo le sue disposizioni fu sepolto nel monumento di famiglia, nella cappella di s. francesco,
"nella chiesa della madonna degli angeli in città nova" a torino. 

Enciclopedia treccani

Nel quadro della politica di rafforzamento dei legami tra il potere sabaudo e le congregazioni religiose controriformiste, nel 1623 furono chiamati a torino da carlo emanuele i  - i minimi di san francesco da paola. insediatisi lungo la strada di po, all’epoca ancora al di fuori delle mura della città, vi innalzarono la loro chiesa nel 1633-1634. di impianto longitudinale, con cappelle laterali affacciate su un’unica navata, l’imponente mole dell’altare maggiore a schermare il coro dei padri, la chiesa fu oggetto di generose donazioni da parte della famiglia ducale. nel 1654 il principe cardinale maurizio di savoia (1593-1657) finanziò la costruzione di una cappella privata dedicata alla madonna del buon soccorso, mentre cristina di francia, morendo nel 1663, lasciava ingenti somme per la costruzione della facciata, conclusa nel 1667, e dell’altare maggiore, progettato da amedeo di castellamonte e messo in opera tra il 1664-1665 dall’impresa dello scultore luganese tommaso carlone (†1667). al pari di san carlo, anche la chiesa dei minimi divenne il centro privilegiato dell’investimento devozionale e artistico in città, non solo dei savoia, ma soprattutto dei principali dignitari di corte, esponenti dell’alta nobiltà piemontese, che si erano assicurati la gestione delle più importanti cariche amministrative dello stato: lo testimoniano le cappelle famigliari dei morozzo della rocca, dei graneri della roccia, dei carron di san tommaso, decorate tra gli anni settanta e novanta del seicento con profusione di marmi, a perpetua memoria dei propri committenti. da wikipedia

 
 
 
 
 
 

cristina di borbone - francia

 (parigi, 10 febbraio 1606 – torino, 27 dicembre 1663) nata principessa di francia, divenne duchessa e reggente di savoia 

moglie di vittorio amedeo i di savoia, che aveva sposato appena tredicenne il 10 febbraio 1619.

era la figlia del re enrico iv di francia e della sua seconda moglie maria de' medici.

chiamata madama reale, sia perché sorella di luigi xiii,

sia perché mantenne la reggenza in nome dei due figli piccoli.

molto bella e sensuale, amante delle feste e dei balli, fu al centro dei pettegolezzi di corte che le attribuirono varie avventure galanti ed anche un favorito: il conte filippo d'agliè.

madama reale cristina consapevole del proprio rango di fille de france, l'ambiziosa cristina amava firmarsi chrestienne de france, duchesse de savoye, reine de cypro,

esibendo il titolo (esclusivamente nominale) che i savoia avevano ereditato nel xv secolo da anna di lusignano, ultima erede dei sovrani di cipro.

giunta a torino, seppe introdurre, pur in un periodo di ristrettezze economiche, quel gusto francese per il fasto e

la ricchezza che caratterizzeranno negli anni a venire il regno del nipote luigi xiv a versailles.

alla morte del marito 7 ottobre 1637 divenne reggente in nome prima del figlio francesco giacinto e successivamente, deceduto quest'ultimo, dell'altro figlio carlo emanuele, che nel 1648 salirà al trono col nome di carlo emanuele ii di savoia.

in questo periodo dovette fronteggiare sia gli attacchi dei cognati tommaso francesco di savoia, principe di carignano, che del cardinale maurizio, entrambi filo-spagnoli, che miravano alla reggenza, sia le mire del cardinale richelieu, il quale cercava di annettere alla corona di francia il ducato di savoia. il regno si divise in "madamisti" e "principisti". cristina fu costretta a rifugiarsi in savoia, sotto la protezione francese, per sfuggire ai cognati che occupavano torino. successivamente però lo stesso richelieu fece arrestare il fedele conte d'agliè, colpevole di opporsi al protettorato francese. cristina resistette indomitamente, sfruttando abilmente le rivalità fra francesi e spagnoli e la sua origine regale. nel giugno del 1642 la madama reale concluse con i cognati un accordo, grazie anche al favorevole sviluppo della guerra franco-spagnola, nel corso della quale le truppe francesi, sue alleate, avevano liberato torino, occupata dai cognati nell'agosto del 1639. l'accordo le garantiva il ruolo di reggente e assicurava che in caso di morte prematura dell'unico erede maschio lo stato sarebbe rimasto nelle mani dei savoia: a questo scopo veniva concessa la mano della figlia della reggente, ludovica (o luisa cristina), al cardinal maurizio (previa dispensa papale per quest'ultimo, che, comunque, non aveva mai preso gli ordini sacri). inoltre i due cognati entrarono a far parte del consiglio di reggenza e ricevettero le luogotenenze di nizza (cardinal maurizio) e di ivrea e biella (tommaso francesco di savoia).

nel 1648 il figlio carlo emanuele ii assunse formalmente il potere e cristina poté sciogliere il consiglio di reggenza, approfittando della lontananza da torino del principe tommaso. ella mantenne comunque in mano le redini del ducato sino alla morte (avvenuta il 26 dicembre 1663), occupandosi degli affari generali, della corrispondenza e ricevendo gli ambasciatori.

negli ultimi anni cristina visse una conversione religiosa che la trasformò radicalmente, «...portando nell'afflizione lo stesso gusto per l'eccesso avuto nel piacere»,portandola a pratiche penitenziali estreme ed a frequentare con assiduità il convento delle carmelitane scalze, da lei volute a torino. cristina di borbone fu sepolta, vestita da carmelitana scalza, nella chiesa di santa cristina, in piazza san carlo a torino,dove rimase fino al 21 settembre 1802 quando, in piena epoca napoleonica, venne traslata nella vicina chiesa di santa teresa d'avila, nella cappella di sant'erasmo. nel 1855, infine, la salma venne spostata in una nicchia sul lato destro dell'edificio, accanto all'ingresso.  la reggenza di cristina di francia è stata oggetto di aspre critiche da parte di una lunga tradizione storiografica, che ha sottolineato soprattutto la licenziosità dei costumi della corte e la sudditanza al regno di francia.

l'azione di governo di cristina ha comunque avuto il merito di rafforzare la debole amministrazione dello stato sabaudo, salvaguardandone i territori e i diritti dinastici,

nonché dando il suo contributo alle modificazioni urbanistiche

volte a rendere torino una capitale europea moderna.

cristina di francia è stata inoltre mecenate e protettrice di numerosi artisti e architetti, tra i quali carlo di castellamonte, che eresse il castello del valentino, tuttora esistente nell'omonimo parco di torino, e padre andrea costaguta, che ampliò per sua commissione la cosiddetta vigna di madama reale, una piccola villa sulla collina torinese sopra il parco del valentino, facendone un'elegante residenza barocca. 

da wikipedia

 
 

alla morte di vincenzo ii gonzaga, ultimo duca di mantova in linea diretta (dicembre 1627), la francia sostiene il diritto di carlo i di nevers e rethel,

discendente di un ramo dei gonzaga stabilitosi già da tempo in francia a nevers, alla sovranità sul ducato di mantova,

occupa mantova e rafforza le difese di casale, che viene assediata dagli spagnoli.

Carlo Emanuele si allea alla Spagna.

il cardinale richelieu tenta senza successo di riportare verso la francia il duca di savoia.

nella primavera del 1629 un esercito francese scende in piemonte, attacca e conquista susa. 

con il trattato di Susa (11 marzo 1629) Carlo Emanuele

lascia l'alleanza con la Spagna

e diviene nuovamente alleato dei francesi

che manterranno un presidio militare in Susa e

si impegnano a difendere il ducato di savoia,

che ottiene alba e moncalvo a spese degli spagnoli.

la spagna è costretta a levare l'assedio a casale. 

filippo iv di spagna non accetta la situazione:

un esercito spagnolo al comando di ambrogio spinola sbarca a genova

mentre un altro scende su como al comando del conte di collalto.

 

carlo emanuele si dichiara neutrale scontentando così i francesi.

all'inizio del 1630 un esercito francese valica nuovamente

alpi per costringere carlo emanuele a rispettare il trattato di susa.

i francesi occupano pinerolo ed attaccano avigliana.

poco dopo un altro esercito francese valica le alpi e si congiunge al precedente.

in bassa valsusa l'esercito ducale,

quale combatte anche vittorio amedeo, viene sconfitto.

da wikipedia

Buttigliera -Uriola è  il teatro degli scontri 

 
 

il 26 luglio 1630 carlo emanuele, colto da violenta febbre,

muore in savigliano, a palazzo cravetta.

gli succede il figlio vittorio amedeo,

che diventaduca di savoia con il nome di vittorio amedeo i.

venne inizialmente sepolto presso la chiesa di san domenico di savigliano, poi la salma venne trasferita presso il santuario di vicoforte , che fu da lui voluto e finanziato.

la tomba attuale fu realizzata in marmo dai fratelli scultori ignazio e filippo collino nel 1792 e si trova nella cappella  del santuario dedicata a san bernardo 

 
 

La profezia di Nostradamus dice che il veggente venne invitato a Torino dalla corte sabauda nel 1561.

L'occasione dell'illustre visita fu colta anche per favorire la fertilità della duchessa Margherita di Valois:

egli infatti portò con sé un unguento profumato che recava l'indicazione "indubitablement [la femme] «vien etre enceinte par peu de vertu que l'homme aie».

Nostradamus venne ospitato in una villa patrizia fuori città e, durante il suo lungo soggiorno, predisse l'agognata nascita: «porterà il nome di Carlo Emanuele», disse, «e diverrà il più grande condottiero del suo tempo». È nota una profezia di Nostradamus in merito alla nascita e alla morte del loro futuro figlio. Nel 1562 infatti la suddetta coppia mise alla luce il Duca Carlo Emanuele I di Savoia a cui Nostradamus tracciò una sorta di oroscopo che confermava le profezie già annunciate. Il veggente predisse anche la morte, annunciando che sarebbe deceduto «sulla strada di Gerusalemme, quando un nove si troverà davanti a un sette». Sembrò subito un buon auspicio in quanto ipotizzava, da una prima interpretazione, di morire ad un'età molto avanzata (97 anni). La profezia effettivamente si avverò, ma forse richiede una diversa interpretazione. Carlo Emanuele I morì nel 1630 a Savigliano, presso Palazzo Cravetta, all'età 68 anni compiuti (quindi al 69º anno di età), prima di entrare nei 70; ecco forse il nove davanti al sette. Inoltre, il riferimento a Gerusalemme fu anch'esso riscontrabile:

Palazzo Cravetta era, ed è ancora oggi, ubicato in Via Jerusalem, a Savigliano.

 
 
 
 
 
 
 
 

emanuele filiberto di savoia 

(torino, 16 aprile 1588 – palermo, 4 agosto 1624)

terzogenito del duca carlo emanuele i di savoia e dell'infanta caterina michela d'asburgo.

avviato alla carriera ecclesiastica, a 12 anni entrò nell'ordine dei cavalieri di malta, in cui divenne priore di castiglia e león; ma le sue inclinazioni lo portarono a occuparsi sempre prevalentemente di arte militare e di marina. nel 1603 venne inviato con i fratelli maggiori, filippo emanuele e vittorio amedeo, a madrid, per completare la sua educazione, da dove tornò nel 1606, quando vittorio amedeo, morto nel frattempo filippo emanuele, assunse il titolo di principe ereditario. nel 1610 tornò a madrid, entrando al servizio di filippo iii di spagna, che lo nominò grande ammiraglio di spagna. sotto il suo successore, filippo iv, emanuele filiberto venne nominato nel 1622 viceré di sicilia, carica che mantenne fino alla morte. fu principe di oneglia, cavaliere dell'ordine del toson d'oro, abate commendatario dell'abbazia di san michele della chiusa. nell'aprile 1624 emanuele filiberto di savoia, per conto del re di spagna filippo iv, invitò van dyck a palermo, perché gli facesse un ritratto.

antoon accolse l'invito e si trasferì in sicilia, dove ritrasse il viceré, tela che si trova oggi esposta alla dulwich picture gallery di londra.

 

poco tempo dopo la città di palermo fu colpita da una terribile epidemia di peste che uccise lo stesso emanuele filiberto. malgrado l'infuriare della pestilenza, van dyck rimase in città all'incirca fino al settembre 1625. qui conobbe l'anziana pittrice sofonisba anguissola, ormai novantenne, che sarebbe morta l'anno seguente e di cui antoon fece un ritratto. durante l'incontro, che van dyck descrisse come "cortesissimo", l'anziana donna, quasi completamente cieca, diede preziosi consigli e avvertimenti al giovane pittore, oltre a raccontargli episodi della sua vita. il ritratto di sofonisba anguissola è conservato nel taccuino italiano. poco dopo il ritrovamento delle reliquie di santa rosalia (15 luglio 1624) che fu fatta patrona della città, a van dyck furono commissionate a palermo alcune tele che avrebbero dovuto raffigurare la santa. dipinse tra gli altri una crocifissione, oggi esposta nella cattedrale di san lorenzo a trapani. visto il continuo infuriare della peste, antoon nell'autunno 1625 tornò a genova dove completò la realizzazione della pala raffigurante la madonna del rosario, poi inviata a palermo, dove è esposta all'oratorio di san domenico considerata come il maggior capolavoro religioso dell'artista eseguito in italia. da wikipedia

secondo la tradizione, nel 1624 la santa salvò palermo  dalla peste e ne divenne la patrona

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


carlo emanuele II

terzogenito maschio di vittorio amedeo i di savoia (1587 – 1637) e di maria cristina di borbone-francia (1606 – 1663),

sorella di luigi xiii,

salì al trono nel 1638, alla morte del fratello francesco giacinto.

il suo regno effettivo cominciò però soltanto nel 1663,

alla morte della duchessa madre maria cristina di francia

una donna attiva ed energica tanto da venire comunemente chiamata madama reale.

sotto la sua reggenza, però, si erano aggravati molti dei problemi che affliggevano il piemonte:

le casse dello stato si erano svuotate, il sistema militare decaduto, molti comuni rimasti privi di buoni amministratori.

inoltre, in campo internazionale, si erano verificate tensioni con i paesi protestanti del nord europa

a seguito delle persecuzioni contro i valdesi del 1655

 (pasque piemontesi).

rimettere in sesto lo stato fu il non semplice compito

che si trovò ad affrontare Carlo Emanuele II,

coadiuvato  dal suo fedele servitore Carlo Vittorio GIuseppe Carron di San Tommaso

"ministro di raro talento"

da wikipedia
 
 
 
 

Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours

parigi, 11 aprile 1644 – torino, 15 marzo 1724

fu l'ultima discendente dei conti del genevese,

erede dei duchi di nemours, e delle baronie di fossigny e di beaufort. figlia di carlo amedeo di savoia-nemours e di elisabetta di borbone-vendôme,

sposò il duca di savoia carlo emanuele ii e

mantenne la reggenza dello stato sul giovane principe vittorio amedeo ii.

essa fu la seconda madama reale dopo cristina di francia, madre di carlo emanuele ii.

così la ricorda lo storico andrea pauletti: «ecco della sauoia, à cui s'inchina humile il pò,

benché urguglioso e fiero, la magnanima donna, à cui destina il ciel regger del figlio il patrio impero.»

maria giovanna battista di savoia-nemours nacque all'hôtel de nemours di parigi, figlia primogenita di cinque avuti da carlo amedeo, duca di nemours e di sua moglie, elisabetta di borbone-vendôme. attraverso sua madre, maria giovanna battista era pronipote di enrico iv di francia attraverso suo figlio cesare di borbone-vendôme, la cui madre era gabrielle d'estrées. questo la rendeva peraltro cugina di luigi xiv. ella era membro della casata cadetta dei savoia-nemours, insediatisi in francia nel xvi secolo. maria giovanna battista crebbe con sua sorella maria francesca, nata nel 1646. da giovane frequentò il salon della famosa madame de la fayette che successivamente la introdusse in corrispondenza a madame de sévigné. suo padre morì nel 1652, ucciso in duello dal cognato duca di beaufort e negli anni successivi fu posta quindi sotto tutela di suo zio paterno, enrico ii, nuovo duca di nemours, da cui maria giovanna battista ottenne anche la sua parte di eredità. alla morte di enrico nel 1659 il ducato di nemours tornò alla corona francese in mancanza di eredi maschi,

ma maria giovanna battista continuò a riceverne le ricche rendite.

vedova e con due figlie da mantenere, elisabetta, madre di maria giovanna battista e maria francesca di savoia-nemours, si pose subito alla ricerca di un partito di rilievo per la primogenita. il suo intento iniziale fu quello di provare a creare un'unione tra maria giovanna battista ed il duca carlo emanuele ii di savoia, il quale era figlio di cristina maria di francia (zia di elisabetta). cristina maria, accondiscendente in tal senso, decise però di convocare ufficialmente maria giovanna battista, sua madre e sua sorella a torino nel 1659.

carlo emanuele alla vista della ragazza mostrò un notevole interesse nei suoi confronti come potenziale moglie, ma sua madre si dovette ricredere anche a fronte delle sobillazioni ricevute dal cardinale mazzarino sulla natura ambiziosa di maria giovanna battista, motivo per cui il matrimonio non andò a buon fine.

cristina maria preferì far sposare suo figlio con francesca maddalena d'orléans, che diede prova di essere una donna molto più docile e facilmente controllabile dalla suocera. ritornata in francia, mademoiselle de nemours attirò ad ogni modo l'attenzione di carlo di lorena, erede del duca nicola francesco di lorena. la corte del portogallo l'aveva già richiesta in sposa, ma essa aveva rifiutato.il rango di carlo era del tutto simile a quello dei cugini duchi di savoia e questo pareva ideale anche per la madre di maria giovanna battista, al punto che i due si fidanzarono ufficialmente il 4 febbraio 1662. l'unione tra i due divenne particolarmente nota alla corte di francia, supportata anche da anna d'austria, madre di luigi xiv. ad ogni modo, quando in seguito al trattato di montmartre due anni dopo, i ducati di lorena e bar dovettero essere ceduti a luigi xiv,  i duchi della casa di lorena si trovarono formalmente senza terra e questi si spostarono presso la corte imperiale viennese.

come risultato, carlo emanuele decise di distanziarsi da tutto ciò che lo rimandava in qualche modo alla corte francese e

si chiamò pertanto fuori dal fidanzamento che venne annullato poco dopo.

a torino, cristina maria era morta il 27 dicembre 1663, e sua nuora francesca maddalena morirà il 14 gennaio 1664.

carlo emanuele ii  ancora senza eredi aveva perso madre e moglie nel giro di breve tempo.

le proposte giunte dalla sorella di francesca maddalena vennero rifiutate.

era chiaro che carlo emanuele ii desiderasse unirsi con maria giovanna battista, che era per di più un membro della sua stessa casata per quanto di ramo collaterale.

l'unione venne supportata da luigi xiv, il quale temeva fortemente che carlo emanuele ii avrebbe finito per sposare marianna d'austria,

arciduchessa della casata degli asburgo, il che avrebbe fatto perdere la sua tradizionale influenza politica sul ducato.

i negoziati iniziarono subito e maria giovanna battista si portò ad annecy con sua nonna francesca di lorena il 1º maggio 1665 per incontrare il futuro marito.

maria giovanna battista sposò carlo emanuele ii il 20 maggio 1665

al castello del valentino con una grandiosa celebrazione.

la sua copiosa dote includeva la provincia del genevese, nonché le signorie di faucigny e beaufort che appartenevano alla casata dei savoia-nemours

e che quindi tornarono alla casata principale.

Duchessa consorte di Savoia giunta alla corte sabauda, il suo nome venne definitivamente italianizzato

(precedentemente era nota come marie jeanne baptiste secondo il costume francese) e le venne affiancato il soprannome di 

seconda madama reale,

già utilizzato da cristina maria per descriverne la provenienza dalla corte francese e la sua discendenza dalla casata reale francese.

maria giovanna battista era una donna attraente ed intelligente.

quasi un anno dopo il suo matrimonio la ventunenne duchessa diede alla luce il primo figlio che fu un maschio e venne chiamato vittorio amedeo in onore al nonno,

marito di cristina maria.

nello stesso anno, sua sorella maria francesca sposò re alfonso vi del portogallo.

le due sorelle rimasero legate per il resto della loro vita.

prima della morte di suo marito, maria giovanna battista ebbe ad ogni modo ben poco ruolo politico nel ducato di savoia.

la coppia operò spesso insieme, restaurando le residenze reali del ducato e costruendo diverse chiese a torino.

malgrado la loro relazione appassionata, carlo emanuele ii ebbe numerose amanti ed altrettanti figli illegittimi che maria giovanna battista era obbligata ad ignorare.

nel 1672 ortensia mancini, alla ricerca di un marito, divenne la protetta di carlo emanuele iI,  il quale, pur con dispiacere della moglie, ne fece la propria amante e le diede una stanza al castello di chambéry.

maria giovanna battista non fu in grado di rimuoverla da quella scomoda posizione sino alla morte del marito.

il 12 giugno 1675 carlo emanuele improvvisamente morì a torino all'età di 40 anni dopo una serie di febbri convulsive.

sul suo letto di morte proclamò la moglie reggente per il loro figlio ed erede.

 Dopo la morte del marito fu lei a tenere la reggenza sul ducato di Savoia

in nome del figlio piccolo, il futuro vittorio amedeo ii

L'ambiziosa Maria Giovanna pensò bene di farsi affiancare da vari personaggi, tra i quali don gabriele di savoia, il marchese francesco tommaso chabò de saint-maurix e joseph delescheraine. ma il suo desiderio di potere non si fermò al compimento da parte del figlio dell'età stabilita affinché quest'ultimo potesse salire al trono: ella cercò di far sposare al giovane vittorio amedeo la cugina isabella luisa di braganza, figlia del re del portogallo pietro ii e di sua sorella maria francesca di savoia-nemours,

con la speranza di farlo diventare re a lisbona.

se il figlio si fosse trasferito in terra portoghese, giovanna battista

avrebbe potuto governare ancora a lungo in piemonte.

ma vittorio amedeo ii, intuendo il piano della madre

e spinto dai suoi ministri, con una specie di colpo di stato la dichiarò decaduta e

priva di ogni autorità politica e giovanna dovette piegarsi alla volontà del figlio.

lasciata in disparte dalla politica, maria giovanna battista decise di dedicarsi all'arte: per suo esplicito ordine molte vie di torino vennero ampliate,

furono costruite chiese e, in particolare, fu ammodernato il palazzo madama, per opera dello juvarra.

nel 1659, alla morte dello zio enrico ii di savoia, era divenuta duchessa di aumale ma nel 1686 vendette il ducato a luigi augusto di borbone.

oggi la salma è tumulata alla sacra di san michele,

in un sarcofago in pietra nella navata sinistra della chiesa.

 durante il suo governo, ella organizzò feste magnifiche e dispendiose per la corte sabauda: venne pertanto tacciata di sperperi ed abusi del tesoro regio.

ma i piani di giovanna erano forse quelli di distogliere l'attenzione del figlio dalla politica organizzandogli spensierate feste a palazzo.

d'altronde, la regina amava svagarsi con i numerosi nobiluomini della corte, tanto che venne spesso considerata dal popolo come troppo libertina

 
 

Nell'ultimo scorcio dell'ambasceria romana il foscarini riuscì, grazie alla mediazione papale, ad aprire la strada al ripristino -

dopo un lunghissimo intervallo - delle relazioni diplomatiche tra venezia e il re di sardegna

che lui stesso, in veste di ambasciatore straordinario a torino, suggellò nel 1741.

la relazione che nel 1742-43 dedicò al piemonte di carlo emanuele iii rappresenta uno dei capolavori della tradizione diplomatica veneziana:

al centro dell'esame del foscarini  erano, più che il discusso problema della collocazione internazionale del regno

nella prima fase della guerra di successione austriaca,

"gli ottimi ordinamenti" che vittorio amedeo ii aveva dato allo stato sabaudo.

il foscarini era stato colpito, in particolare, dalla "semplicità del sistema economico sì nel raccoglimento

come nella distribuzione del pubblico denaro", un sistema che aveva permesso di raddoppiare le entrate del regno.

 
 

Al loro fianco

Carlo Vittorio Giuseppe Carron di San Tommaso

detto il Buttigliera

nasce il 5 Febbraio 1641 a torino dove morirà il 17 Dicembre 1699

 Figlio di Francesco Guglielmo Carron di San Tommaso e Francesca de Marest de Lucey 

nel 1663 viene nominato Primo Segretario e Segretario dell'Ordine dell'Annunziata 

dal 1668 al 1675 è consigliere di Stato e primo Segretario

nel 1678 segretario dell'Ordine dell'Annunziata 

nel 1680 acquista parte del feudo di Montaldo Roero che donerà al figlio Giuseppe Gioachino

in occasione delle sue nozze con  la Contessa Anna Maria Avogadro di Cerrione

nel 1683 viene infeudato di Raccionigi, Sonmmariva Perno, Montaldo Roero, Baldissero,Vottignasco

Rivoli e Buttigliera.

nel 1696 è Ministro di Stato,

cavaliere dell'ordine dell'Annunziata

nel 1698 acquista Cambiano e nel 1699 ne è investito con titolo Marchionale.

 il  20 settembre  1666 sposa 

Paola Beatrice Roero della Vezza poi Guarene

Dama d'Onore della Regina Anna

Progettato dal proprietario, il conte Carlo Giacinto Roero di Guarene,  padre di Paola Beatrice, Marchesa Carron di San Tommaso,

sostituì il preesistente maniero medioevale e venne concepito come residenza che ammiccava ai palazzi nobiliari dell’epoca di Torino.

Il Castello ha una storia originale in quanto nasce nel momento delle grandi trasformazioni storiche che coinvolsero direttamente la conversione dei castelli in dimore abitative e luoghi di delizia.

Il Conte Giacinto Roero di Guarene, personaggio eclettico di grande intelligenza e cultura, ingegnere civile e militare, esperto di fortificazioni, protettore di artisti e musicisti,

decise non solo di trasformare, ma di radere al suolo l’antico maniero feudale munito di torri risalente al 1200.

Il castello, è un esempio di architettura barocca piemontese che rivela l’influenza dell’architetto Filippo Juvarra, di cui il Roero fu allievo.

L’attuale grandioso palazzo fu iniziato il 13 settembre 1726, come risulta da un documento a firma del misuratore Francesco Trolli,

e inaugurato dopo 55 anni dal figlio primogenito Traiano. All’interno del castello si possono ammirare decorazioni e affreschi di pittori

come Francesco Cosoli, Giacomo Rappa, Bernardino Galliori e Giuseppe Palladino.

Degne di nota sono le Stanze Cinesi, con le tappezzerie provenienti dalla Compagnia delle Indie, giunte da Londra nel’700,

la Stanza del Vescovo arredata con ricami “bandera” del XVIII secolo,

lo Scalone, il Salone d’ingresso, la Sala da pranzo e la Galleria, ricchi di arte ed eleganza.

Il castello comprende anche la Cappella Patronale di S.Teresa con una meravigliosa cupola e la pianta ellittica.

Dal giardino si può godere di un’ampio e suggestivo panorama che va dal Monte Rosa alle Alpi Marittime, alle Langhe.

 

 

 

Vittorio Amedeo II di Savoia,

detto la volpe savoiarda (torino, 14 maggio 1666 – moncalieri, 31 ottobre 1732),

 Re di Sicilia dal 1713 al 1720, in seguito Re di Sardegna; 

duca di savoia, marchese di saluzzo e duca del monferrato,

 principe di piemonte e conte d'aosta, moriana e nizza dal 1675 al 1720.

col suo lungo governo trasformò radicalmente la politica sabauda,

fino ad allora influenzata dalle potenze straniere quali francia o spagna,

rivendicando orgogliosamente l'indipendenza del piccolo stato dalle vicine nazioni

vittorio amedeo ii seppe portare avanti questa strategia sino a cingere l'ambita corona reale.

 con vittorio amedeo ii assistiamo a un rinnovato interesse per la collezione libraria orientale della biblioteca ducale e poi regia,

trascurata dalle corti precedenti. nella generale “riscoperta” della biblioteca e nell’ambito delle nuove catalogazioni,

venne chiamato a torino nel 1710 il teologo ed ebraista tedesco christoph matthias pfaff,

il quale curò l’inventario dei libri ebraici confluito nell’imponente index alphabetique des livres qui se trouvent en la bibliothèque royale de turin en cette année 1713 di machet.

l’ebraico fu rivalutato anche nell’ambito del rinnovamento dell’ateneo;

su suggerimento del giurista siciliano francesco d’aguirre e di scipione maffei
venne creata nel 1720 una nuova cattedra che univa lo studio della lingua ebraica alla lettura della sacra scrittura:
essa fu affidata all’abate padovano giuseppe pasini. sin dal 1738 la cattedra di “lingua ebraica e sacra scrittura” fu scissa e all’ebraico vennero aggiunte le altre lingue orientali.
il pasini mantenne l’insegnamento della sacra scrittura, mentre fu chiamato alla docenza delle lingue amedeo agnesi di cuneo;
questi sostituì il pasini anche alla cattedra di sacra scrittura nel 1745, quando l’abate venne nominato prefetto della regia biblioteca universitaria.
nel 1755, alla morte di amedeo agnesi, l’insegnamento delle sacre scritture e quello di lingua ebraica scomparvero.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
.....l’auspicio, peraltro già concretizzato dalla posa di una croce durante
lo scorso mese di maggio, consiste infatti in un progetto di ampio respiro.
dove – spiega mirko preatoni, presidente di syncre, centro dei festival cinematografici e dei programmi internazionali in italia –
“all’edificazione fisica di un complesso memoriale si affianchi anche una profonda e radicata azione di diplomazia culturale”
per far sì, dunque, che il teatro dello scontro divenga palcoscenico di una nuova e per questo più preziosa occasione di incontro,
rivivificato e rinnovato attraverso la continuità del dialogo....
 
 
 
.....non poteva mancare, in chiusura di incontro, un momento di piacevole convivialità, proposto da “il filo della memoria”.
pubblico e relatori hanno così potuto degustare un calice di erbaluce "Anima" prodotto da “la masera di piverone” - strada reale dei vini torinesi
in abbinamento al gustoso pan del re offerto dal panificio “panemadre” di buttigliera alta.
l’occasione è stata dunque propizia per suggellare un sentimento di ritrovata amicizia fra popoli,
anche attraverso quella cultura enogastronomica che assurge innegabilmente
a fiore all’occhiello della nostra regione e della nostra storia.
una storia che ciascun cittadino avrebbe il dovere di conoscere e di tramandare,
proprio perché tristemente scritta non con l’inchiostro dei libri,
ma col sangue dei tanti, troppi caduti di tutte le guerre.
sara garino -www.civico20news.it
 
 
 
 
 
 
 

john woodhouse alla scoperta del marsala .....un vino senza tempo secondo slowine

nel 1773 il mercante inglese john woodhouse, originario di liverpool, arrivò per la prima volta in sicilia con lo scopo di inserirsi nel commercio di vino, di olio e di altri prodotti locali al tempo molto richiesti in inghilterra, tra cui la manna e la cenere di soda. un giorno, mentre navigava a bordo del suo brigantino lungo la costa occidentale dell’isola, si imbatté in una forte tempesta che lo costrinse a cercare riparo nel porto di marsala: non si sa bene se questa sia storia vera, leggenda o totale invenzione, comunque sia woodhouse attraccò in città, dove gli fecero assaggiare un vino del luogo che gli piacque tantissimo. di lì a breve ne acquistò un discreto quantitativo che inviò prontamente via mare in inghilterra, non senza avervi aggiunto prima una buona dose di acquavite per aumentarne il grado alcolico da un lato, ma soprattutto per preservarlo in maniera efficace dalle eventuali alterazioni che avrebbe potuto subire durante il lungo e periglioso trasporto. i suoi connazionali mostrarono forte gradimento per questo vino siciliano sconosciuto, che ricordava loro i più apprezzati vini spagnoli di jerez, o quelli portoghesi di madeira. al di là di ogni credibile aneddotica – che nella pubblicistica sul marsala abbonda… – woodhouse di certo intuì che nell’entroterra di marsala c’erano tutte le condizioni territoriali, culturali e climatiche per fare un buonissimo vino in grado di competere con i vari madeira, sherry e porto che spopolavano sul mercato inglese. per rendere sostenibile questa impresa costruì un suo stabilimento a marsala e si adoperò per intrecciare rapporti più stretti e duraturi con i proprietari dei vigneti della zona, anticipando loro il denaro che avrebbero guadagnato dalla vendita dei mosti; cosa che in seguito avrebbero fatto anche il connazionale benjamin ingham (assieme al nipote joseph whitaker) e il locale vincenzo florio, ossia gli altre due grandi imprenditori legati alla storia del marsala. i fatti diedero ampia ragione a john woodhouse, che in breve tempo incrementò sensibilmente la sua attività commerciale nel settore vinicolo, grazie anche alla fortunata coincidenza data dalla continua permanenza nel mediterraneo delle navi da guerra britanniche, impegnate nel lungo conflitto contro la francia napoleonica, che garantivano la stabilità delle spedizioni. si narra anche di un mirabolante contratto stipulato nel marzo del 1800 tra woodhouse e l’ammiraglio horatio nelson, comandante della flotta inglese di stanza a malta, per una fornitura di 500 pipes di vino, corrispondenti a 206.000 litri. fino alla seconda guerra mondiale, il marsala rientrava nella quotidiana razione alimentare destinata ai marinai di sua maestà. dunque, un vino che cominciava a soddisfare il palato di molti…..

fabio giavedoni e giovanni cucchiara

 
 
 
 
 
 

il monumento ai mille:

un trittico coeso ed evocativo:

il monumento risulta molto più evocativo di una sia pur pregevole struttura marmorea

altamente simbolica ma in effetti priva di pathos e di concreti riferimenti a persone fisiche, alle loro età,

provenienze geografiche, appartenenze sociali, idealità, militanze, ecc..

ed è emblematico quanto annotò nel suo diario il garibaldino genovese, scultore, giovan battista tassara

quando ritornò a  marsala, nel 1910, con altri 165 superstiti per ricevere la cittadinanza onoraria:

marsala non ha ancora innalzato un monumento ai mille che qui sbarcarono in quel lontano 11 maggio 1860. pazienza!       

 essi non vennero in sicilia per la gloria ma per un grande ideale scrissero la più bella pagina del risorgimento italiano.

il migliore monumento che si possa innalzare a tutte le camicie rosse non  sta nel marmo o nel bronzo bensì nel ricordarle spoglie da ogni scoria umana

   e tramandarle alle generazioni venture in una luce di amore e di grandezza  al forestiero che viene cercando  al porto 

  in qualche altro sito il monumento ai mille diciamo:” il monumento ce l’abbiamo nel cuore”.

i mille, per quasi un terzo ragazzi non ancora maggiorenni, vengono ricordati sulle lastre metalliche

con i loro nomi traforati, resi, cioè, privi di ogni materialità,fatti di luce, di aria e di vento nella trasparenza contro il cielo,

quali puri simboli di un’epopea che affratellò le varie genti della penisola,             

                 elevandola da “espressione geografica” a nazione.     

      elio piazza vice-presidente  centro internazionale studi  risorgimentali garibaldini di marsala

 
 
 
 
 
 

un traguardo prestigioso per un giornale in un momento critico come questo per la carta stampata: oggi il vomere compie 120 anni. il periodico marsalese fu infatti fondato il 12 luglio del 1896 dal cavaliere vito rubino. premiato all’esposizione universale di parigi nel 1900, nelle esposizioni agrarie di roma, palermo e marsala e al recente expò di milano, con oltre 5255 edizioni pubblicate ininterrottamente, il vomere è il più antico periodico siciliano. nella sua storia si registrano anche prestigiosi riconoscimenti per le nobili campagne stampa contro l’analfabetismo, la fillossera, la legalità, la difesa dell’ambiente ed in particolare della laguna dello stagnone di marsala.

da quattro generazioni “il vomere” è diretto e edito dalla famiglia rubino. oltre che su cartaceo è diffuso sul web all'indirizzo www.il vomere.it e ha una sua pagina facebook.

itacanotizie -  luglio 2016

 


 la terza guerra d'indipendenza italiana 

fu combattuta dal regno d'italia contro l'impero austriaco dal 20 giugno 1866 al 12 agosto 1866. appartiene alla più ampia guerra austro-prussiana della quale rappresentò il fronte meridionale. ebbe origine dalla necessità dell'italia di affiancare la prussia nel tentativo comune di eliminare l'influenza dell'austria sulle rispettive nazioni. dopo l'attacco della prussia all'austria del 15 giugno 1866, così come previsto dal trattato di alleanza italo-prussiana dell'aprile 1866, l'italia dichiarò guerra all'austria. passato il confine, una parte dell'esercito italiano comandata da alfonso la marmora fu però sconfitta nella battaglia di custoza. né tale insuccesso fu bilanciato dagli eventi successivi, poiché alle vittorie di giuseppe garibaldi e la sua avanzata verso trento seguì per l'italia un'altra sconfitta nella battaglia navale di lissa. nonostante ciò, grazie agli accordi presi in precedenza e alla vittoria della prussia sul fronte settentrionale, nonché all'intervento diplomatico della francia, al termine della guerra l'austria cedette formalmente alla francia il veneto (oltre a mantova e a parte del friuli) che fu girato all'italia. un plebiscito confermò l'annessione al regno d'italia. l'italia non riuscì invece ad annettersi i territori conquistati nel tirolo meridionale. la terza guerra di indipendenza, conclusasi con l'armistizio di cormons, fu il primo conflitto nel quale fu coinvolto il regno d'italia.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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